venerdì 20 luglio 2012

Còntusu: “SA MOTOTZICRETTA” di Giuseppe Mocci

Da ragazzino, dopo le scuole elementari, Allàriu Motzi ha fatto“su ssienti”, ossia l'apprendista, con suo padre Gaetãu, di professione “Maist’e muru”.
Dopo dieci anni (e siamo nel 1919), “Allàriu béssidi, issu puru, maist’e muru” e si mette in proprio con tre “ssièntisi”: Zuanni Codra, Dumìnigu Daga e Antõi Asi.
Negli anni venti, grazie ai lavori eseguiti sotto la direzione dell’Ing. Sanjust, diviene un esperto nella realizzazione di lavori in cemento armato (materiale e tecnica innovativa che in quegli anni iniziavano ad essere utilizzati nell’edilizia civile).

palazzina fam. Mannu - via Umberto I

Nel corso di quel decennio Allàriu, con i suoi tre “ssièntisi”, costruisce a Riola molte case di abitazione, e fra queste tre palazzine con soletta in cemento armato: una era di proprietà di Taniei Mannu, una “de su ragionieri Pàulu Mannu”, in corso Umberto I, e una “de Pedru Enna” in via Regina Elena. Queste palazzine sono ancora oggi esistenti ed abitate.
Fino ad allora, in paese c’erano soltanto altre due palazzine: la casa de “su Zenerali Catta, con soletta in cemento armato, e la caserma dei Carabinieri, con solaio di legno, entrambe in via Roma.
All’inizio degli anni '30 Allàriu, sempre sotto la direzione dell’Ingegner Sanjust, inizia l’attività di piccolo impresario, svolgendo per alcuni anni parecchi lavori nella Marmilla: Nureci, Assolo, Asuni, ecc.
I muratori dell’impresa, tutti di Riola, erano i suoi vecchi ssièntisi, divenuti ormai esperti  "Maìstusu; gli altri apprendisti e i manovali invece erano del posto.
I predetti “Maìstusu” partivano in bicicletta da Riola per raggiungere i luoghi di lavoro nei lontani paesi della Marmilla il lunedì, prima dell’alba, e rientravano in paese il venerdì sera; il sabato non si poteva lavorare perché era destinato all’addestramento militare dei giovani fascisti (dai diciasette ai ventuno anni) e alle cerimonie del Partito Fascista. Questo giorno era chiamato infatti “sabato fascista”.
Allàriu, quindi, considerate le esigenze della sua attività in fase di costante sviluppo, si dovette comprare una motocicletta (una Moto Guzzi), che gli era necessaria per raggiungere i cantieri di lavoro e per il disbrigo delle pratiche relative agli appalti, pagamenti e altre incombenze varie.

Moto Guzzi anni '20

Questa motocicletta, una delle poche presenti a Riola in quel periodo, fu al centro di vari episodi straordinari e divertenti; tra questi, uno in particolare è rimasto famoso.
Allàriu spesso con la sua moto dava un passaggio fino ad Oristano a qualche riolese, ma non riuscì quasi mai a portare un suo amico, Zuanni Bellu, su Maist’e ferru, che abitava di fianco a casa sua.
Finalmente, un giorno, capitò l’occasione; Zuanni fu costretto a chiedere all’amico un passaggio per Oristano, perché la sua bicicletta era guasta e doveva ordinare del materiale per la sua bottega.
I due amici si accordarono per partire di buon mattino. La strada per Oristano, allora, era in terra battuta con uno strato di ghiaia. Ai lati, alternati a breve distanza uno dall’altro, c’erano dei cumuli di ghiaia che restringevano la carreggiata; solo dopo il Rimedio la strada era asfaltata, unica in Sardegna.
Essi partirono da via Roma (dal civico numero nove), dopo che Allàriu ebbe dato alcuni consigli all’amico su come stare in moto.
Il viaggio andò bene fino a metà strada finché, a un certo punto, Zuanni strattonò la spalla del conducente e gli gridò:
Allàriu, frimma tiau, frimma… ca mi nch’esti boau su bonetu!.
Fermata subito la moto e messo il cavalletto, i due scesero per recuperare il berretto che il vento aveva sospinto sopra un’alta siepe di fichidindia.
Ripartirono quasi subito, e fino a Donigala tutto procedette per il meglio, tanto che i due ogni tanto si scambiavano qualche parola.
Giunti al Rimedio, dove iniziava il bel tratto di strada asfaltata, Allàriu avvisò l’amico:
Zuanni, immoi afferradì bẽi ca currèusu a chentu chilometrusu a s’ora, tiau!
Il motociclista si curvò un poco e accelerò. La moto divorò la strada e, in quattro e quattr’otto Allàriu arrivò ad Oristano.

foto d'epoca: Oristano via Tirso

Si fermò in via Tirso e, senza voltarsi, chiese all’amico:
E issàrasa Zuanni, t’esti pràcchia sa cursa?
Non ottenendo alcuna risposta, mise il cavalletto alla moto e si voltò, ma dell’amico non c’era traccia. Allora il nostro motociclista, preoccupato per non esser capitato qualcosa di grave all’amico, ripercorse la strada fino al Rimedio, dove finalmente lo ritrovò seduto sull’ultimo cumulo di ghiaia, che si lamentava per il dolore e per le escoriazioni riportate.
Zuanni, ita tiau asi fattu? gli chiese Allàriu.
L’amico, sconfortato, gli rispose:
Eh… za dd’appu fatta bella, Allàriu! 
Candu tui asi cumintzau a curri comenti ũ dimòniu, no appu accudiu a m’afferrai bẽi a sa mototzicretta, e chi seu boau asusu de ũ muntõi de zarra commenti ũ tzappu. 
Balla, ma no m’as a frigai prusu! 
Teniu arrasõi deu ca sa britzicrett'e fogu esti de timmi. Esti troppu perigulosa!. 
Bai, bai Allàriu, ca deu aspettu sa carrotza de Arrosa ‘Ochi, e za ‘nchi torru a Arriora cũ issa. 
Bai, tocca, bai! E m’arracumandu, cammina abbellu!

Testo di Giuseppe Mocci - Tutti i diritti riservati

Editing G.Linzas 
Revisione dialetto riolese: B.Sulas

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