lunedì 2 luglio 2012

“SU TIAU” di Giuseppe Mocci

Altra stupefacente invenzione dell’uomo: il Diavolo, “su Dimòniu, su Tiau. Colui che crede di essere il più furbo, il più intelligente, il più colto, il più forte, il più bello, il più potente, il più di tutto insomma. Le sue qualità, volte al male, sono conosciute e temute da tutti.
S’arrioresu, in un certo qual modo, non ha paura “de su Tiau”, forse perché ne fa la sua conoscenza fin dalla nascita. Il padre, infatti, pensando al nome da dare al nascituro, esclama:
E ita tiau de nòmini dd’app’a ponni a custu pippiu?
Inconsciamente, pronuncia il nome “de su Dimòniu”, ma lo chiama familiarmente “Tiau”, poiché lo ritiene un essere diverso dal Diavolo o “Dimòniu” degli altri paesi e città.
Egli non ha mai avuto un concetto negativo “de su Tiau”, forse proprio perché non lo identifica in quell’essere malvagio che tenta l’uomo e lo manda all’inferno, come il Diavolo o “su Dimòniu de sa Crésia e de is credèntisi”.
"Tiau" è anche una semplice parola, un intercalare che lo aiuta a esprimersi. Il riolese, infatti, usa ancora oggi tanti modi di dire con la parola “Tiau”.
Le frasi ricorrenti in molti discorsi sono: Ita tiau sesi fendi?; A innui tiau sesi andendi?; Alla su tiau chi t‘a fattu!;Ita tiau fadèusu oi?; Ita tiau de òmini esti cussu?; ecc. 


incisione raffigurante il demonio (su tiau)

In merito alla vita e alla pratica religiosa dei riolesi, va detto che parecchi di loro, credenti per tradizione, spesso trascurano ciò che riguarda la Chiesa e i suoi insegnamenti; per queste cose delegano le mogli. Infatti, a esse e ai nonni è affidato il compito di acculturare, cristianamente, i mariti, i figli e i nipoti. 
Al riguardo, ricordo mio nonno Gaetano, religiosissimo, che con me usò un metodo speciale. Non mi parlò mai dell’esistenza di un altro mondo, del paradiso o dell’inferno. Mi chiedeva se andavo in chiesa la domenica, se frequentavo il catechismo e, soprattutto, se praticavo la confessione e la comunione con assiduità.
Ricordo che una volta, avuta la mia risposta affermativa alle sue solite domande, quasi come premio, mi propose di leggere un libro di un autore francese sulla vita di due Marescialli Napoleonici.
Io accettai subito la proposta perché ero, allora, un tifoso di Napoleone Bonaparte. La lettura di questo libro fu di mio piacevole gradimento e mi influenzò, dal punto di vista religioso, per almeno trent’anni. 
La trama del libro era la seguente: i due Marescialli francesi, grandi amici e fervidi sostenitori di Napoleone, durante la ritirata dalla Russia si ritrovarono in un ospedale da campo, entrambi feriti. Uno, che chiameremo François, era ferito leggermente, perciò fu subito curato e dimesso. Ricordandosi del collega suo grande amico, di nome Jean, si recò in segreteria per avere informazioni. Gli dissero che il Maresciallo Jean S. si trovava lì, ricoverato per gravi ferite riportate durante la ritirata. 
François si fece subito accompagnare dal collega, che trovò tutto fasciato, dai piedi alla testa. Inchinatosi, sussurrò all’amico il suo nome, poi gli augurò una pronta guarigione e un arrivederci a Parigi. Jean strinse forte le mani del collega, al quale, con un filo di voce appena udibile, disse: Carissimo amico, io sto morendo, ci rivedremo nell’altro mondo!
François, alquanto meravigliato per la risposta dell’amico, esclamò:
Jean, stai scherzando? Ma noi non siamo stati sempre atei? Tu lo sai che l’altro mondo non esiste. Coraggio, fra non molto ci ritroveremo a Palazzo con l’Imperatore!
Al che Jean, con un filo di voce, gli sussurrò:
Amico mio, fra non molto ti farò sapere se esiste l’altro mondo!
Dopo di che, stringendo forte le mani dell’amico, spirò. François, con le lacrime agli occhi, fortemente turbato, uscì dall’ospedale e partì per la Francia, con una comoda carrozza per il trasporto degli alti ufficiali feriti.
Durante il viaggio si addormentò e fece alcuni sogni incoraggianti per il suo futuro, ma ne fece poi un altro che lo sconvolse e lo terrorizzò. Gli apparve in sogno l’amico Jean, sofferente, che gli sussurò: François, l’Inferno esiste ed io ci sono dentro!


Testo di Giuseppe Mocci 

Nessun commento:

Posta un commento