lunedì 24 settembre 2012

RICORDI DI VIAGGIO:GIBILTERRA E ANDALUSIA - di Giuseppe Mocci


Gilbilterra (foto Wikipedia)

Nel mese di Agosto del 2003, mi trovavo con mia moglie in Spagna, in Andalusia (dall’arabo “Al Andalus”). In quella occasione, ho visitato quasi tutta la regione, in pullman e in auto; grazie anche alle nuove e comode autostrade costruite di recente. 
Siamo partiti con un volo diretto da Cagliari per Malaga, grande e meravigliosa città sul mare, con circa un milione e mezzo di abitanti. Qui ci siamo trattenuti un giorno e abbiamo ammirato i suoi monumenti, soprattutto la grandiosa cattedrale di stile gotico. 
Il giorno dopo, siamo giunti a Siviglia, capitale della regione andalusa con oltre un milione e ottocentomila abitanti; un’altra perla spagnola, dove abbiamo ammirato il famoso ALCAZAR, palazzo-fortezza dei Re cattolici; abbiamo anche fatto una passeggiata lungo il fiume Guadalquivir, dove è ubicata la famosa “Torre dell’oro”, in cui veniva depositato il prezioso metallo proveniente dalle Americhe nel XVI secolo. 
Dopo Siviglia, abbiamo raggiunto Granada attraversando la Sierra Nevada (la più alta montagna spagnola, sede di numerose stazioni sciistiche). In questa città abbiamo visitato, con particolare interesse, l’ALHAMBRA, splendido palazzo moresco con tanti spettacolari giardini. La città, che oggi conta oltre ottocentomila abitanti, è stata liberata dai berberi nel 1492 (fu l’ultima a liberarsi dal giogo berbero). 
Lungo l’autostrada, a sud di Malaga, abbiamo poi visitato diverse località a vocazione turistica; quasi tutte sorte nell’ultimo decennio come villaggi turistici, tipo Costa Smeralda e Villasimius in Sardegna. Questi villaggi, sono diventati, oggi, vere città, con un movimento turistico straordinario. 

Granada, Alhambra

Il giro per l’Andalusia lo abbiamo fatto in pullman e in taxi. Il tassista, che ci ha portato da Torremolinos a Marbella, era molto loquace e ci ha parlato, in modo particolare, della guerra secolare degli spagnoli contro gli invasori arabi (berberi) e dell’annosa rivendicazione su Gibilterra
Quest’uomo, nella sua esposizione, non era molto preciso; non era certo uomo di cultura elevata. Non ricordava o non conosceva bene la storia di Granada, né quella di Gibilterra (possedimento inglese in terra spagnola). In merito a quest’ultima località, abbiamo fatto una lunga discussione ed io gli ho fatto notare che anche la Spagna, come l’Inghilterra, occupava un territorio di un’altra nazione: Ceuta e Melilla sulla costa mediterranea del Marocco, a breve distanza dello stretto di Gibilterra. Il tassista, meravigliato per le mie conoscenze storiche del suo paese, abbozzò un sorriso di compiacimento e, su mia richiesta, ci condusse alla stazione dei pullman. Da Marbella partimmo per Gibilterra, o, come la chiamano gli spagnoli e gli inglesi, GIBRALTAR. Questo nome deriva da Tariq ibn Ziyad, il condottiero berbero che conquistò la Spagna nell’VIII secolo d.C. Egli, infatti, sbarcò nel 711 con le sue truppe nelle spiagge attigue ad una collina e da lì incominciò l’invasione della Spagna. In questa collina (alta 426 m.), che i berberi chiamarono monte (Jabal Tariq = Monte di Tariq) fu costruita la prima loro fortezza. Oggi questa città delimita il famoso stretto di Gibilterra (anticamente chiamato “Le Colonne d’Ercole”) che mette in comunicazione l’oceano Atlantico e il Mar Mediterraneo. 
Prima dell’apertura del canale di Suez, questo stretto costituiva l’unico sbocco del Mediterraneo; per questa ragione aveva grande importanza militare e commerciale. Da allora l’Inghilterra mantiene il possesso di Gibilterra, mentre la Spagna tiene le città di Ceuta e Melilla, in Marocco, proprio di fronte a Gibilterra. Sia Ceuta che Gibilterra sono oggi porti molto importanti. 
Gibilterra è una piccola città, che non supera i trentamila abitanti, autosufficiente economicamente. Per secoli la città fortezza ha sofferto la sete; i gibilterrini bevevano l’acqua piovana raccolta in cisterne o in grossi recipienti di terra cotta. Ora la città dispone di un grande dissalatore e l’acqua scorre abbondante in tutte le case e nelle pubbliche fontane. 
Gibilterra è oggi un centro turistico frequentatissimo. Arrivando dalla Spagna, lungo una bellissima autostrada, decine e decine di pullman sostano, tutti i giorni, obbligatoriamente, in un enorme piazzale. Non si può entrare direttamente nella città, nemmeno in automobile. Tutti devono fermarsi nel piazzale, sostare l’automezzo e passare in Dogana per il controllo del passaporto, o della carta d’identità per i turisti provenienti dai paesi dell’Unione Europea. Per entrare in città, a causa delle sue strade molto strette si è costretti a prendere un tassì o uno dei tanti minibus, naturalmente a pagamento. La maggior parte dei turisti viaggia con i pullmini, perché questi costano poco, passano dappertutto e le loro fermate si trovano in zone interessanti da vedere. 
L’ultima fermata dei pullmini si trova in alto, alla fine della città, a sud, di fronte all’ingresso di una grande caverna, dentro la quale si tengono spettacoli teatrali e musicali. Nelle vicinanze di questa caverna e lungo i viali adiacenti vivono le uniche scimmie semi-selvagge d’Europa: i macachi o bertucce, scimmie docili con una corta coda non prensile, originarie dei paesi magrebini. 

Macaco di Gilbilterra (foto wikipedia)

Secondo la credenza popolare, il Regno Unito (l’Inghilterra) manterrà il possesso di Gibilterra finché qui saranno presenti le bertucce; in proposito è famoso il ripopolamento con esemplari provenienti dal Marocco ed Algeria, ordinato nel 1942 dal Primo Ministro inglese, Wiston Churchill
Queste scimmie diventano aggressive nei riguardi delle persone (le signore in particolare) che indossano ampi copricapo o portano borse. Le bertucce saltano addosso a queste persone per rubare cappelli e borsette, nella speranza di trovare qualcosa da mangiare. 
La città è ancora abitata da molti berberi, che dispongono anche di una grande Moschea, ma fuori città. Gibilterra è oggi una città multietnica, tutta dedita ai commerci; nei numerosissimi ristoranti e trattorie si mangia bene e a prezzi onesti.

Testo di Giuseppe Mocci - Tutti i diritti riservati
Editing G.Linzas

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