Brano tratto dal libro del Comm. Virginio Sias "Memorie di Riola Baratili Nurachi" (1986)
Grande festa a Riola per i Patroni Sant'Anna e San Martino che
ricorre il 26 e 27 Luglio; San Martino si festeggia ancora l’11 novembre.
Enorme afflusso di gente dai paesi vicini compresa la città
di Oristano. Per quei giorni che vengono tuttora allungati al 28 luglio,
festa del Comitato organizzatore, il paese si anima, si trasforma, dimentico di
ogni assillo o difficoltà. Le attrattive non mancano: fuochi d’artificio Sa Roda, nome chiaramente derivato da
una girandola che per un tempo piuttosto lungo lancia in alto a intermittenza
razzi e granate; nel lontano passato si poteva anche assistere alle corse dei
cavalli in pista con vistosi premi, alle quali partecipavano fantini di classe
fra i più noti della Sardegna, onnipresenti Cabizzeddu
e Fundi ‘e cai - eterno secondo - della piazza di Oristano.
Le corse avvenivano in prossimità del centro abitato, in un
vasto terreno denominato Santa Corona, di proprietà degli eredi del Sig. Enna
Vincenzo. I balli sardi avvenivano in piazza, preferibilmente con un
fisarmonicista di eccezione, il Sig. Efisio Luigi Mocci di Riola, che vantava anche
un vasto repertorio di musiche nazionali. Egli per giunta sapeva disimpegnarsi
anche come pianista. Era stato tempo addietro in America ove ne aveva fatto
pratica.
Alla sera si potevano trascorrere anche momenti allegri al
circo; ricordo quelli di Zavatta e Zanfretta. Non potevano mancare le gare poetiche con l’intervento di
famosi poeti improvvisatori, quali Tatano Moretti di Tresnuraghes, Testoni ed
altri.
Il tradizionale falò ardeva con la sua fiamma propiziatrice
per tutta la durata della Festa; veniva posto nella piazzetta antistante la Chiesa , ove sorge ora il
monumento alla Madonna eretto per le Missioni nel marzo 1964.
Allo svolgersi delle funzioni prettamente religiose si dava
la massima importanza. Venivano invitati in ausilio al parroco locale i
sacerdoti dei paesi vicini, tra i quali non mancavano quelli di Baratili,
Nurachi, Cabras.
Il predicatore che veniva scelto dal Comitato organizzatore,
di concerto col parroco del luogo, predicava in lingua sarda e dal pulpito.
Sino all’inizio della II Guerra Mondiale erano solitamente
invitati il Canonico don Carmelo Nieddu, Priore di Bonarcado, Padre Emiliano
del Convento dei Cappuccini di Oristano, l’Arciprete di Cabras dott. Sanna e una
volta, per quanto io ricordi, il parroco di Berchidda dott. Pietro Casu.
Tutti erano bravi ma è mia opinione che quest’ultimo si
elevasse sopra gli altri. Come è noto e non occorre dilungarsi in proposito, il
sac. Pietro Casu era già famoso come poeta, scrittore e oratore sacro. In
quell’unica occasione in cui a Riola ebbi la fortuna di assistere alla sua
predica in onore di Sant'Anna ricordo accenti ispirati di lirismo, in un
logudorese dolce e armonioso, in lode al
Creatore; e ancora più oltre quando volle magnificare il canto degli uccelli in
un mattino di primavera.
….
Il predicatore sino al 1930 non era invitato a colazione dal
Parroco che lo aveva richiesto, né dal comitato organizzatore, come tuttora
avviene. Egli accettava di buon grado l’invito di amici che aveva in loco. Il
Canonico don Carmelo Nieddu – che era mio padrino – ad esempio, in occasione di
prediche dei S. Patroni o per altre feste religiose era sempre ospite di mio
padre.
I pranzi a quei tempi - prima del 1920 - erano secondo il
costume vigente scandalosamente luculliani. Ne ricordo uno: antipasto con
salame e bottarga, pastasciutta con carne di manzo, pollastri di primo canto
rosolati (piatto allora molto in voga), cacciagione (lepre e pernice), anguille
arrosto e aragoste con salsa speciale.
Erano presenti dolci assortiti tra cui su catò, cioè il Gatoux, squisito dolce
croccante alla mandorla - di chiara derivazione francese, forse fatto conoscere
dai piemontesi - su cui l’esperta che lo confezionava si sbizzarriva ad
effigiare presepi, figure di Santi, il Colosseo, ecc.
Il vino della cantina di casa, eccessivamente alcolico, era
sempre il nero cioè il rosso, sia per l’arrosto che per i dolci; era
un’abitudine inveterata e nessun sommelier dei tempi attuali sarebbe riuscito a
sconsigliarne la scelta o ad imporre un idoneo accoppiamento coi cibi.
Le donne, per abitudine e tradizione, non bevevano vino. Ad un pranzo
che si protrasse fino al tardo pomeriggio, partecipava anche il famoso poeta improvvisatore
Tatanu Moretti, vecchio amico di mio padre che chiuse il simposio con una
famosa ottava, che purtroppo oggi non sono più in grado di ricordare. In
seguito venne offerto il caffè. Preciso che la vernaccia si beveva fuori pasto,
mai a pranzo.
La festa o le feste perché come ho già detto si estendevano
per tre e quattro giorni, come anche tuttora avviene, erano ravvivate dalla
presenza di numerose bancarelle di venditori ambulanti sistemate lungo la via
principale che esponevano eterogenee mercanzie, dal torrone squisito di Tonara
ai mostaccioli di Oristano, ai venditori di carapigna (unico gelato conosciuto
ottenuto con zucchero, limone e ghiaccio, accessibile a tutte le borse); ai
venditori di coltelli e utensili vari - speciali quelli di Pattada - ai
campanacci, alle trunfas (scacciapensieri),
alle selle e finimenti per cavalli, all’indovino che vi preconizzava l’avvenire
in un foglietto colorato estratto da un compiacente pappagallo.
Non scarseggiavano ovviamente le squisite anguille e i
succulenti muggini messi ad arrostire sulla brace di carbone e serviti sempre
caldi.
Erano anche presenti i venditori di noccioline, di
pistacchio e di ceci abbrustoliti, che formavano la delizia dei grandi e dei
piccoli, che andavano sgranocchiando su e giù per la festa.
Per l’occasione venivano concessi permessi provvisori dal
Sindaco ai gestori di spacci istazzus per
la vendita di vino nero, vernaccia o gazzose allora in bottiglie con le palline
interne che ne assicuravano la chiusura. Is
Istazzus erano di solito addossati ai muri delle case, messi su alla meglio
con tende e frasche ed erano provvisti di tavole e panche per gli avventori di
cui alcuni vi gozzovigliavano anche sino all’alba, bevendo e cantando,
accompagnati dall’organetto o dalla chitarra.
Era ovviamente preferito per i bevitori di mestiere, su istazzu che disponeva della migliore
vernaccia e a quei tempi l’oste non pensava certamente di mischiare la nobile
bevanda con vino di Sicilia a scopo di lucro. Su istazzu sta oggi scomparendo, sono i bar bene attrezzati in
grado di soddisfare le esigenze del nuovo cliente con gelati raffinati, bibite
varie e pasticceria assortita, rese più allettanti da musiche rock.
L’epoca del pionierismo
è tramontata per sempre. Qui in Campidano a stento si realizza qualche gara
poetica. Sono le orchestrine che attirano il mondo giovanile attuale. Gli
improvvisatori del passato, Antonio Cubeddu, Tatano Moretti, Salvatore
Testoni sono scomparsi e il loro ricordo
è rimasto solo in noi ammiratori sopravvissuti.
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