venerdì 25 luglio 2014

Ricordi della festa di Sant'Anna a Riola






Brano tratto dal libro del Comm. Virginio Sias "Memorie di Riola Baratili Nurachi" (1986)


Grande festa a Riola per i Patroni Sant'Anna e San Martino che ricorre il 26 e 27 Luglio; San Martino si festeggia ancora l’11 novembre.
Enorme afflusso di gente dai paesi vicini compresa la città di Oristano. Per quei giorni che vengono tuttora allungati al 28 luglio, festa del Comitato organizzatore, il paese si anima, si trasforma, dimentico di ogni assillo o difficoltà. Le attrattive non mancano: fuochi d’artificio Sa Roda, nome chiaramente derivato da una girandola che per un tempo piuttosto lungo lancia in alto a intermittenza razzi e granate; nel lontano passato si poteva anche assistere alle corse dei cavalli in pista con vistosi premi, alle quali partecipavano fantini di classe fra i più noti della Sardegna, onnipresenti Cabizzeddu e Fundi ‘e cai - eterno secondo - della piazza di Oristano.
Le corse avvenivano in prossimità del centro abitato, in un vasto terreno denominato Santa Corona, di proprietà degli eredi del Sig. Enna Vincenzo. I balli sardi avvenivano in piazza, preferibilmente con un fisarmonicista di eccezione, il Sig. Efisio Luigi Mocci di Riola, che vantava anche un vasto repertorio di musiche nazionali. Egli per giunta sapeva disimpegnarsi anche come pianista. Era stato tempo addietro in America ove ne aveva fatto pratica.
Alla sera si potevano trascorrere anche momenti allegri al circo; ricordo quelli di Zavatta e Zanfretta. Non potevano mancare le gare poetiche con l’intervento di famosi poeti improvvisatori, quali Tatano Moretti di Tresnuraghes, Testoni ed altri.
Il tradizionale falò ardeva con la sua fiamma propiziatrice per tutta la durata della Festa; veniva posto nella piazzetta antistante la Chiesa, ove sorge ora il monumento alla Madonna eretto per le Missioni nel marzo 1964.
Allo svolgersi delle funzioni prettamente religiose si dava la massima importanza. Venivano invitati in ausilio al parroco locale i sacerdoti dei paesi vicini, tra i quali non mancavano quelli di Baratili, Nurachi, Cabras.
Il predicatore che veniva scelto dal Comitato organizzatore, di concerto col parroco del luogo, predicava in lingua sarda e dal pulpito.
Sino all’inizio della II Guerra Mondiale erano solitamente invitati il Canonico don Carmelo Nieddu, Priore di Bonarcado, Padre Emiliano del Convento dei Cappuccini di Oristano, l’Arciprete di Cabras dott. Sanna e una volta, per quanto io ricordi, il parroco di Berchidda dott. Pietro Casu.
Tutti erano bravi ma è mia opinione che quest’ultimo si elevasse sopra gli altri. Come è noto e non occorre dilungarsi in proposito, il sac. Pietro Casu era già famoso come poeta, scrittore e oratore sacro. In quell’unica occasione in cui a Riola ebbi la fortuna di assistere alla sua predica in onore di Sant'Anna ricordo accenti ispirati di lirismo, in un logudorese  dolce e armonioso, in lode al Creatore; e ancora più oltre quando volle magnificare il canto degli uccelli in un mattino di primavera.
….
Il predicatore sino al 1930 non era invitato a colazione dal Parroco che lo aveva richiesto, né dal comitato organizzatore, come tuttora avviene. Egli accettava di buon grado l’invito di amici che aveva in loco. Il Canonico don Carmelo Nieddu – che era mio padrino – ad esempio, in occasione di prediche dei S. Patroni o per altre feste religiose era sempre ospite di mio padre.
I pranzi a quei tempi - prima del 1920 - erano secondo il costume vigente scandalosamente luculliani. Ne ricordo uno: antipasto con salame e bottarga, pastasciutta con carne di manzo, pollastri di primo canto rosolati (piatto allora molto in voga), cacciagione (lepre e pernice), anguille arrosto e aragoste con salsa speciale.
Erano presenti dolci assortiti tra cui su catò, cioè il Gatoux, squisito dolce croccante alla mandorla - di chiara derivazione francese, forse fatto conoscere dai piemontesi - su cui l’esperta che lo confezionava si sbizzarriva ad effigiare presepi, figure di Santi, il Colosseo, ecc.
Il vino della cantina di casa, eccessivamente alcolico, era sempre il nero cioè il rosso, sia per l’arrosto che per i dolci; era un’abitudine inveterata e nessun sommelier dei tempi attuali sarebbe riuscito a sconsigliarne la scelta o ad imporre un idoneo accoppiamento coi cibi.
Le donne, per abitudine e tradizione, non bevevano vino. Ad un pranzo che si protrasse fino al tardo pomeriggio, partecipava anche il famoso poeta improvvisatore Tatanu Moretti, vecchio amico di mio padre che chiuse il simposio con una famosa ottava, che purtroppo oggi non sono più in grado di ricordare. In seguito venne offerto il caffè. Preciso che la vernaccia si beveva fuori pasto, mai a pranzo.
La festa o le feste perché come ho già detto si estendevano per tre e quattro giorni, come anche tuttora avviene, erano ravvivate dalla presenza di numerose bancarelle di venditori ambulanti sistemate lungo la via principale che esponevano eterogenee mercanzie, dal torrone squisito di Tonara ai mostaccioli di Oristano, ai venditori di carapigna (unico gelato conosciuto ottenuto con zucchero, limone e ghiaccio, accessibile a tutte le borse); ai venditori di coltelli e utensili vari - speciali quelli di Pattada - ai campanacci, alle trunfas (scacciapensieri), alle selle e finimenti per cavalli, all’indovino che vi preconizzava l’avvenire in un foglietto colorato estratto da un compiacente pappagallo.
Non scarseggiavano ovviamente le squisite anguille e i succulenti muggini messi ad arrostire sulla brace di carbone e serviti sempre caldi.
Erano anche presenti i venditori di noccioline, di pistacchio e di ceci abbrustoliti, che formavano la delizia dei grandi e dei piccoli, che andavano sgranocchiando su e giù per la festa.
Per l’occasione venivano concessi permessi provvisori dal Sindaco ai gestori di spacci istazzus per la vendita di vino nero, vernaccia o gazzose allora in bottiglie con le palline interne che ne assicuravano la chiusura. Is Istazzus erano di solito addossati ai muri delle case, messi su alla meglio con tende e frasche ed erano provvisti di tavole e panche per gli avventori di cui alcuni vi gozzovigliavano anche sino all’alba, bevendo e cantando, accompagnati dall’organetto o dalla chitarra.
Era ovviamente preferito per i bevitori di mestiere, su istazzu che disponeva della migliore vernaccia e a quei tempi l’oste non pensava certamente di mischiare la nobile bevanda con vino di Sicilia a scopo di lucro. Su istazzu sta oggi scomparendo, sono i bar bene attrezzati in grado di soddisfare le esigenze del nuovo cliente con gelati raffinati, bibite varie e pasticceria assortita, rese più allettanti da musiche rock.
L’epoca del pionierismo è tramontata per sempre. Qui in Campidano a stento si realizza qualche gara poetica. Sono le orchestrine che attirano il mondo giovanile attuale. Gli improvvisatori del passato, Antonio Cubeddu, Tatano Moretti, Salvatore Testoni  sono scomparsi e il loro ricordo è rimasto solo in noi ammiratori sopravvissuti.


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