mercoledì 19 agosto 2015

Controversia tra parroci all'inizio del ‘900: "PREI SECHI E IL SACERDOTE CARIA"

Il Comm.re Virginio Sias, in un capitolo del libro “Memorie di Riola, Baratili e Nurachi” offre una panoramica sulle vicende del Clero riolese a partire dall’ultimo scorcio dell’800 fino "ai giorni d’oggi" (il libro è stato pubblicato nel 1986)
L’argomento è, per molti versi difficile e scabroso, ma interessante e meritevole di approfondimento in quanto - come afferma il Sias – "il Clero ha sempre avuto parte di rilievo nella vita di tutti i giorni della nostra popolazione".
Nel capitolo in questione l'Autore propone una cronistoria dei parroci che si sono succeduti a Riola, accompagnata da notizie di fatti e avvenimenti poco noti.
Egli si sofferma sulla lunga controversia che nei primi decenni del secolo scorso ha opposto Giovanni Sechi (Prei Sechi), sacerdote riolese, a Don Salvatore Caria, parroco originario di Nurachi (la controversia peraltro e' stata oggetto di un ricorso al Pontefice Benedetto XV). 
Di entrambi i personaggi ne tratteggia il carattere e l’indole, prendendo decisamente le difese del Sac. Caria, descritto come un uomo semplice e onesto, il quale sarebbe stato ingiustamente accusato e maltrattato.
Ne viene fuori invece un ritratto del sacerdote riolese (Prei Sechi) non proprio edificante: intelligente, colto e di ineccepibili costumi, ma allo stesso tempo ostinato e arrogante, dal temperamento ribelle, insofferente a qualsiasi disciplina gerarchica.
Si deve rilevare che l'Autore, tuttavia, non fa alcun riferimento all'importanza dell'attività svolta dal parroco riolese sul piano culturale.
Prei Sèchi infatti fu particolarmente attivo nella ricerca e nello studio degli antichi inni sacri della Sardegna ( "gosos" o “còzusu” in riolese), di cui pubblicò un'ottima raccolta (in proposito si veda il post:  "Is Còzusu di Prei Sechi" (clicca) ).

Di seguito si riportano alcuni stralci del libro del Comm.re  Virginio Sias sulle vicende del Sac. Caria e di Prei Sèchi:


Sac. Giovanni Sechi (1869-1946)

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Novembre 1908; è Parroco a Riola il Sacerdote Salvatore Caria, originario di Nurachi. Di questo parroco, esemplare per dirittura morale parleremo a lungo, poiché vi è da dire molto. 
La semplicità, la sua sentita missione evangelica, pur non osservando in maniera ortodossa le pratiche di un rituale che forse la sua modesta cultura non gli consentiva di penetrare nell’essenza – cosa di cui gli avversari gli faranno carico – la condotta integerrima, la sobrietà della vita, l’amore sviscerato per i poveri, ne fanno un sacerdote modello.
…….
Dissentiamo pertanto in tutta coscienza da quanto il Sac. Giovanni Sechi espose a suo carico nel Ricorso a S.S. Benedetto Papa XV contro il rev. Salvatore Caria Parroco di Riola nonché contro la immeritata difesa fattane dall’Arcivescovo di Oristano S.E. Mons. E. Piovella, Tipografia fratelli Garau, Guspini 1919.
In detto libello di 50 pagine, rarissimo, che ho potuto consultare presso un archivio privato romano, il Rev. Sechi, con bontà tutta sua, lancia pesanti accuse contro il Parroco rev. Caria, non risparmiando neppure invettive all’indirizzo del Vescovo Mons. Piovella e del Vicario Generale Carta.
Gli addebiti che il rev. Sechi rivolge al rev. Caria sono di una gravità inaudita: 
ignoranza e inosservanza delle leggi liturgiche, affettata balbuzienza”, tanto da autorizzare a “ritenere che il sacrificio della Messa celebrata dal rev. Caria sia nullo”.
Gli attribuisce ancora eresie, quali quella di credere nella nessuna utilità della preghiera, e che le messe celebrate in suffragio delle anime dei trapassati non apporta loro nessun profitto, che il denaro impiegato dai fedeli a questo scopo è meglio che se lo mangino essi, perché dandolo a questo scopo a preti sazi è denaro perduto
E altre negligenze in cui sarebbe incorso, ad esempio di non ritirare la chiave del tabernacolo della S.S. Eucarestia, tanto che accadde che un ragazzo nell’ottobre 1917 aprì il tabernacolo e si mangiò le ostie consacrate. Ha inettitudine a compiere una funzione religiosa anche la più semplice, quale quella di recitare il Rosario col popolo”.
Il povero parroco non rimase indenne di censura neppure nella sua vita privata da parte dell’ostinato Sac. Sechi, che insiste ancora:
E’ sordido davvero… con la indecente pratica di buttare ogni mattina il contenuto del suo vaso da notte dalla finestra nella via pubblica, col pericolo spesso di lordare i transitanti”. E ancora:
“nella notte del 10 aprile 1916 invece di alloggiare in casa sua il Missionario per l’emigrazione Bottacci, lo avvio all’unica osteria esistente nel paese!....
Pur rendendomi conto che mi sto avventurando su un campo minato, è doveroso pur a distanza di tanto tempo tentarne la difesa o fornire chiarimenti su alcune delle principali accuse formulate contro il rev. Caria apparse sul libello che ho indicato, che con tutta probabilità negli ambienti curiali non ebbe alcuna degnazione.



Il parroco Caria era un poveruomo, riferito ben inteso alle sue qualità certamente non eccelse circa la preparazione sacerdotale, cultura, modesta intelligenza; era però – è quel che più conta – un santuomo, inteso non in senso canonico ma come può essere giudicato dall’uomo della strada, per la sua semplicità, onestà, integrità di costumi, per l’amore per le classi misere, per le elemosine che elargiva ai bisognosi.
E’ falso e blasfemo affermare che egli “riteneva le preghiere di nessuna utilità e che le messe in suffragio delle anime dei defunti erano inutili”.
La verità è ben diversa. Quando si recava da lui un bracciante o uno straccione – che a quei tempi potevano andare sottobraccio – per fare celebrare una messa in suffragio dei loro cari, il rev. Caria non aveva coraggio di sottrarre a quel derelitto i pochi spiccioli che appena bastavano per il pane dei propri figli e cosi gli diceva: Vai pure che il denaro della messa è meglio che lo mangiate anziché darlo ai preti. Pregherò io per i tuoi defunti. Sic!
Il Vescovo informato avrebbe risposto:Se perde queste offerte peggio per lui, e saggiamente non prese alcun provvedimento nei suoi riguardi.
Il rev. Caria fu rigido custode della morale e verso i suoi vice Parroci – purtroppo non ascoltato – non risparmiò il suo biasimo e gli ammonimenti, esortandoli a tenere una corretta e austera condotta come si addice ad un ministro di Dio. Egli ne era un fulgido esempio.
……
Il rev. Sechi, l’autore del Ricorso, fu vice Parroco a Riola dal 1° gennaio al 30 ottobre 1913 e sarebbe stato indubbiamente di valido ausilio al Parroco se fra i due non vi fosse stata una inconciliabile diversità di carattere. 
Il rev. Caria semplice, fatto alla buona, onesto, caritatevole; il Sechi anch’egli di ineccepibili costumi, probo, intelligente, ma nevrastenico e arrogante. Non conosceva il senso della misura e ignorava il rispetto dovuto al Parroco, al Vicario Generale ed all’Arcivescovo.
Nei loro confronti non esitava a assumere atteggiamenti provocatori e sprezzanti con frasi irriguardose, oltre il limite dell’ingiuria e della diffamazione come ad esempio il vergognoso atteggiamento dell’Arcivescovo, Parroco delinquente, servirsi di mezzi illeciti, esaltata fantasia del Vicario Generale, ecc.
Il carattere insopportabile, la grinta indisponente valsero al rev. Sechi quindici anni di peregrinazioni nelle sedi più disparate e male accette, dalle quali però riusciva sempre a farsi trasferire per motivi di salute veri o presunti.
Il rev. Sechi però non demorde e persiste nella sua campagna ostile verso i Parroci coi quali viene a contatto, sacerdoti in genere e verso le superiori autorità ecclesiastiche. Il suo temperamento ribelle, insofferente di qualsiasi disciplina gerarchica, lo spinge ad una critica spietata su tutto e contro tutti. Ha presunzione di superiorità .
La cura e la perseveranza da lui posta in ricerche genealogiche complesse e difficili, che affondavano radici in epoche lontanissime, proprie da certosino, al fine di riscattare beni perduti per la Chiesa, l’intelligenza che non gli faceva difetto, una sufficiente cultura anche storica non gli valsero a dominare i suoi istinti di predominio e di insofferenza.
Poiché per abbracciare la carriera ecclesiastica da lui prescelta era indispensabile il patrimonio che egli non poteva disporre perché di famiglia povera e nullatenente, mio padre a suo tempo gli venne incontro cedendogli con atto pubblico un esteso vigneto (Prunis) e parte di uno stabile, che il rev. Sechi si affrettò però a restituirgli appena consacrato sacerdote.
Il rev. Sechi successivamente ottenutone il permesso si iscrisse al Corso Magistrale di Oristano conseguendo il Diploma di Maestro elementare il 25/09/1916 e ottenendo quindi la licenza all’insegnamento prima a Mogoro poi a Riola. Dopo ulteriori lagnanze da parte di Parroci, Vice Parroci e di un Arciprete, l’Arcivescovo perse la pazienza e sospese il rev. Sechi a divinis il 25/10/1918.
Richiestone il Sechi il motivo, cosi gli rispose Mons. Piovella: Per l’odio che tu mantieni da tanti anni con il rev. Caria non posso io permettere che un Sacerdote celebri la S. Messa in tale stato di peccato mortale.



Tratto dal libro “Memorie di Riola Baratili Nurachi” di Virginio Sias (ed. S'Alvure 1986)


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