mercoledì 2 novembre 2016

Su monti de palla e su monti de trigu. La leggenda de "Is pèdrasa de Sa Marchesa"



Ĩ tempus antigu bivìada ũa marchesa arricca meda chi tenìada bèĩsi, bestiàmini e dònnia arratza de cosa e donni’annu fadìada arragotta manna de lori. 
Ũ annu fìada ũ annada bella bella e sa marchesa esti andada a s’arzoa innui fìada su trigu trebau e sa palla ammuntõada. Innì s’esti sètzia ĩ d-ũ scannu mannu po castiai i tzaràccusu chi mesuranta su trigu e 'nchi ddu ponìanta ĩ sàccusu, e cũ is càrrusu de i bòisi ‘nchi ddu lianta a domu de sa marchesa.
E issàrasa ũa pariga de poburusu de i bìddasa de accanta funti andàusu a s’arzoa de sa marchesa po ddi domandai ũ punzu de trigu paròmini.
Sa marchesa, candu ddus adi bìusu, s’esti arrannegada e ‘nchi ddus adi loràusu de maba manera, nendi ca nd’ìada fattu pagu de trigu e candu Déusu ndi dd’iad ai zau meda ze nd’iad ai fattu de allimusiasa. 
E issàrasa, coment’e ũa spetzi’e maracu, sa marchesa s’esti furriada in d-ũa pedra manna, e su trigu e sa palla  ĩ  montighèddusu de terra chi s’agàttanta ancora. Su de su trigu esti de su sattu de Cràbasa, su de sa palla esti de su sattu de Arriora e de Santeru. (*)

* Si precisa che  Mont'e Palla e Mont'e Trigu fanno entrambi parte del territorio di Riola-Arriora, seppure nella versione della leggenda sopra riportata - adattata in dialetto riolese - siano indicati come appartenenti alle campagne (su sattu) di tre Comuni: Cabras, Riola e San Vero.


Il monte di paglia e il monte di grano 

C’era una volta, tanto tempo fa, una marchesa ricchissima, che possedeva terre, bestiame, grandi campi coltivati a frumento, orti di pere, di mele, di angurie e di susine, e vigne sconfinate e ogni altro ben di dio.
In quell’anno, quello di cui vi raccontiamo, le terre della marchesa diedero così tanti frutti che i contadini non bastavano a raccoglierli, i servi non bastavano ad ammassarli, i magazzini non bastavano a contenerli e le pance della marchesa e dei suoi figli non bastavano a digerirli.
Era ormai la fine del raccolto. La marchesa stava sull’aia a controllare la mietitura del grano: ogni chicco era grande come un limone!
Da una parte c’era ormai un mucchio di grano spagliato, alto come una montagna; dall’altra un covone di paglia che superava di gran lunga l’altezza delle colline vicine.
La marchesa stava seduta su una seggiola, mentre i servi correvano da una parte all’altra sudati e affaticati. Misuravano il grano, lo riponevano nei sacchi e lo caricavano sui carri, trainati da buoi ormai stanchissimi per il troppo lavoro. Servi e buoi, da giorni e giorni, correvano avanti e indietro tra l’aia e il palazzo.
Quel raccolto eccezionale non passò inosservato. La voce si sparse per campagne e città. Alcuni poveri giunsero dai paesi vicini.
Erano di quei poveri che non avevano campi da coltivare a grano, e neanche avevano, a dire il vero, pane da mangiare tutti i giorni. Non avevano né casa né terra.
Andarono dalla marchesa, e chiesero un pugno di grano a testa. Un pugno di grano e nient’altro.
Ma la ricca signora aveva più gioielli che buon cuore.
Quando li vide arrivare, per prima cosa pensò a come toglierseli di torno senza rinunciare a un solo starello di grano. E quindi rispose:
- Benvenuti, benvenuti. Siete sfortunati quest’anno: è andato male il raccolto! La mia terra è stata avara. L’abbiamo tanto lavorata e ci ha male ricambiato. Tornate un altr’anno. Se Dio mi darà un raccolto ricco ce ne sarà anche per voi. Ma il grano di quest’anno basta giusto per me.
Non aveva ancora finito di parlare che, come per incanto, si trasformò in pietra.
Il grano e la paglia, che non aveva voluto donare, si trasformarono in colline di buona terra fertile.
Quella stessa terra, che era nuova nuova, appena nata, e che perciò non apparteneva a nessun marchese o vicerè, fu trasformata in orti, non per magia, ma grazie al duro lavoro delle braccia di quei poveri.
Ne trassero pane e anche companatico. Mangiarono, bevvero e fecero grandi feste. 
La marchesa pietrificata sta ancora lì, e chiunque la può vedere, seduta sulla sedia, con una smorfia avara e ingorda sul volto.


Leggenda tratta dal sito www.ilpostodellefavole.com



Mont'e Trigu

Is perdas de sa marchesa (versione tratta dal sito istituzionale del Comune di Riola Sardo)

Esistono diverse varianti di questa leggenda, la più conosciuta narra che nel periodo in cui esisteva la città di Tharros c'era una ricca marchesa che possedeva un vastissimo territorio nei dintorni della città stessa. 
Questa marchesa seminava tanto grano, però non era mai contenta di quello che produceva. Un giorno, nel periodo in cui gli operai separavano il grano dalla paglia, fece una brutta giornata, tirava poco vento e la marchesa era inquieta. 
Ella era molto egoista ed avara, tanto che non dava mai un soldo ai poveri. Quel giorno, ordinò agli operai di lavorare lo stesso, anche se il vento non era propizio per quel lavoro. 
In quel momento si presentò un poverello per chiedere l'elemosina, ma la marchesa lo cacciò via con brutte maniere. Quel poveretto, che era Gesù, la volle punire e con un miracolo trasformò in colline il mucchio del grano e quello della paglia. 
La marchesa disperata prese la sua carrozza con i cavalli e scappò via verso Tharros, ma a metà strada fu trasformata in pietra. I cavalli corsero a lungo e Gesù li fermò vicino a Santa Caterina e li trasformò in pietra. 
Oggi quel mucchio di grano si chiama Mont'e Trigu e quello di paglia Mont'e Palla e le pietre in cui fu trasformata la marchesa "Is perdas de sa marchesa".

Post a cura di Gilberto Linzas

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